L’Euribor continua a scendere.

Parliamo dell’indice Euribor, tanto caro a coloro i quali stanno rimborsando un mutuo a tasso variabile e che hanno questo parametro come base per calcolare ogni mese la nuova rata da pagare.

Il tasso del mutuo a tasso variabile si ottiene infatti sommando lo spread (la percentuale fissa e decisa dalla banca al momento della stipula del contratto) all’Euribor (un indice interbancario che varia ogni giorno dal lunedì al venerdì e che esprime il tasso medio a cui un panel di banche prevalentemente europee dichiara di prestarsi denaro fra loro). L’Euribor è in sostanza uno dei parametri che esprimono quanto costa il denaro all’ingrosso, cioè tra banche, prima che arrivi al dettaglio (a famiglie e imprese sotto forma di prestiti) maggiorato appunto da uno spread.

Da ciò si ricava agevolmente che il tasso del mutuo variabile è dato dal livello del costo del denaro all’ingrosso (che cambia di giorno in giorno) più il ricarico applicato dalla banca per prestare quella somma al dettaglio (quello che appunto conosciamo come spread).

Un altro parametro che esprime il costo del denaro all’ingrosso è il tasso di riferimento della Banca centrale europea. Questo rappresenta quanto pagano le banche per chiedere soldi in prestito non tra di loro, ma direttamente alla Banca centrale europea. Questo tasso è attualmente allo 0,05%. È stato fissato dall’istituto di Francoforte guidato da Mario Draghi lo scorso settembre su questo livello, che rappresenta il minimo assoluto da quando esiste l’euro. Alcuni mutui (circa il 2%) di quelli variabili in circolazione sono ancorati al tasso Bce anziché al tasso Euribor, questo perché dal 2009 una legge ha stabilito che le banche hanno l’obbligo di avere nel pacchetto delle offerte di mutuo almeno un prodotto legato al tasso Bce. Per dare la possibilità di scegliere di ancorarsi a un tasso più stabile dell’Euribor. A differenza di questo, infatti, il tasso Bce non varia di giorno in giorno: eventuali variazioni vengono comunicate dalla Bce quando intende modificare la politica monetaria. Se l’economia corre e ci sono pericoli che l’inflazione salga troppo la Bce tende ad alzare il costo del denaro; quando invece le cose non vanno troppo bene e le prospettive di inflazione sono basse la Bce tende ad abbassare o, come accade in questa fase, a mantenere stabilmente sui minimi storici il costo del denaro. Proprio per aiutare l’economia ad espandersi grazie ai tassi bassi.

Va detto che per chi sottoscrive oggi un mutuo a tasso variabile, in molti casi questo beneficio non esiste. Le banche stanno correndo ai ripari e hanno inziato a inserire dallo scorso febbraio delle clausole che impediscono di calcolare la rata con un Euribor negativo prevedendo che il tasso finale non possa risultare mai inferiore alla percentuale dello spread. Al momento questo “ombrello” a favore delle banche che gli istituti di credito stanno aprendo non sta suscitando molte polemiche sopratutto perché finora l’Euribor è stato negativo, ma solo per pochi centesimi, con scarso impatto sulle rate. Ma adesso che entriamo nel campo dei decimi non è detto che qualche associazione dei consumatori non inizi ad alzare la voce.E continua a scendere. La scorsa settimana l’Euribor a 1 mese (calcolato sulla base dei 365 giorni) è sceso al minimo di -0,1%, rompendo per la prima volta la soglia dei “decimi”. Prima di allora era a -0,09%, quindi ancora nel campo dei centesimi. È senza dubbio una buona notizia per molti mutuatari a tasso variabile che già da tempo si vedono sottrarre (anziché sommare) il tasso Euribor allo spread nel calcolo della rata mensile. Avendo rotto la barriera del decimo le prossime rate dovrebbero essere calcolate in questo modo. Ipotizzando uno spread dell’1,5%, il tasso su cui calcolare la rata scende a 1,4%, sottraendo appunto 0,1 di Euribor. Per un mutuo di 150mila euro a 20 anni si tratta di un risparmio di 10 euro al mese, 120 euro l’anno. All’incirca quanto costa in media la Tasi sulla prima casa. Il risparmio c’è anche per chi ha un mutuo ancorato all’Euribor a 3 mesi ma è inferiore dato che questo è un po’ più caro e viaggia ancora nel campo dei centesimi (-0,03%, quindi il tasso finale nell’esempio sarebbe di 1,47%).

Anche perché le previsioni a breve non escludono che l’Euribor possa continuare a scendere. Se il prezzo del petrolio dovesse continuare a restare basso (attualmente viaggia sotto i 50 dollari al barile sui minimi da gennaio e secondo alcuni analisti potrebbe tornare a scendere in autunno) aumenterebbe la pressione deflazionistica nell’area euro. L’inflazione dell’area al momento è allo 0,2%, molto lontana dall’obiettivo del 2%. L’indice che misura le stime di inflazione a 5 anni (il 5 year forward eurozone) è sceso la scorsa settimana all’1,6%. Un livello considerato molto basso. Di conseguenza la Banca centrale europea potrebbe essere costretta a mantenere anche più del previsto (settembre 2016) l’attuale piano di quantitative easing (iniezione monetaria attraverso l’acquisto a mercato aperto di titoli di Stato e titoli privati per un ammontare di 60 miliardi di euro al mese) o ad aumentare l’importo rispetto agli attuali 60 miliardi. Se la Bce dovesse andare in questa direzione è probabile che l’Euribor continui a scendere, a tutto vantaggio dei mutuatari che nel contratto non prevedono un “ombrello” che impedisce appunto all’Euribor di scendere. Nell’economia globalizzata, quindi, finisce che la rata del mutuo dipende (anche) dal prezzo del petrolio.

fonte: Notiziario finanziario

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